Particolare interesse merita una piccola ma pregevole collezione di reperti provenienti dal territorio dell’antica Otricoli, la cittadina umbra vivace e ricca di storia situata lungo la via Flaminia ai confini con il Lazio. Il materiale otricolano esposto nel museo, piuttosto eterogeneo, comprende una decina di manufatti; mancando precisi dati relativi al ritrovamento e al contesto di scavo è possibile al momento fornire una descrizione dei pezzi in se stessi con indicazioni cronologiche limitate ad un periodo di riferimento. La raccolta comprende qualche esemplare di vasellame (due reperti interi di ceramica campana a vernice nera, ceramiche d’uso comune e frammenti vari), alcune lucerne, un capitello di lesena ed un frammento di bronzo decorato. La varietà e la tipologia dei manufatti inducono a considerarli in gran parte provenienti da corredi funerari di tombe diverse. I pezzi hanno un intrinseco valore documentale come significativo contributo alla conoscenza del grado di sviluppo della località di provenienza nel periodo compreso fra l’età greca e il primo secolo dell’impero romano. Alcuni di essi, per l’eccellente qualità della manifattura e soprattutto per l’ottimo stato di conservazione, meritano qualche osservazione particolare. A questo proposito interessante è l’esempio dell’olpe tardo protocorinzia (sec. VII a.C.), di pasta color camoscio, con un’ansa a nastro sormontata da una rotella che, originariamente, doveva essere ricoperta dalla stessa vernice bruna tuttora visibile sull’imboccatura, sul collo nonché sul basso ventre e sul piede del vaso. La medesima tonalità di colore è utilizzata nel tracciato delle coppie di linee continue che delimitano la zona centrale decorata; in essa si impongono, sullo sfondo chiaro, i corpi di due animali realizzati con un abile gioco cromatico di vernici dai toni marroni e rossi. Per una maggiore definizione delle figure è utilizzato il disegno a graffito, scelto per la realizzazione di particolari quali il muso della fiera, la scapola, l’articolazione delle zampe nonché per i riempitivi dovuti all’horror vacui. Tra il materiale ceramico degno di nota è pure un unguentario, il cui corpo globulare è ingentilito e slanciato da un’ampia ansa ricurva che presenta sulla superficie esterna la stessa vernice scura del labbro, del collo e dei personaggi della scena ornamentale. La rappresentazione ritrae, nell’atto di affrontarsi, due guerrieri con lancia che campiscono sul fondo neutro in un armonico equilibrio di volumi; ai lati della scena si ergono due alberi come connotazione paesistica; irregolari punteggiature a punta di pennello come riempitivi completano il quadro complessivo delimitato da schemi stereotipati a gocce verticali in alto e a scacchiera in basso. Il vaso si appoggia su di un piede ad anello sagomato che si rifà alla tonalità neutra dello sfondo. E’ opportuno anche menzionare un capitello marmoreo di lesena (databile fra i secc. I a.C. - sec. I d.C.) ornato mediante decorazioni vegetali; dalle centrali foglie di acanto si innalza un caulicolo che si arriccia alle estremità e che termina in un calice occupante l’abaco. Completano lo schema ornamentale due girali che, snodandosi dal caulicolo centrale decorano il capitello terminando in due modeste volute. Tra le lucerne particolare attenzione merita una monolichne a disco non decorato, con beccuccio allungato e canale aperto; sul retro è impresso, ancora ben leggibile, il bollo di fabbrica: CRESCES. Tale bollo risulta molto diffuso nell’Italia Cisalpina ma più raro in quella centrale.
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