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Argomento 'Museo Perrando'

Sezione medioevale
Data di pubblicazione: 01/01/2005
La sala espone in gran parte materiale archeologico proveniente dal castello della Bastia Soprana di Sassello, dove, negli anni sessanta, sono state condotte alcune campagne di scavo.
La stratigrafia ha restituito frammenti di ceramiche di svariata provenienza e una discreta collezione di monete di vario conio, databili al XIII sec..
La Bastia Soprana dominava l’allora antico nucleo urbano, esteso verso le case della Villa, del Piano e della chiesa di S. Giovanni Battista.
La torre che ancora oggi rimane è detta "dei Saraceni", dalla leggenda che vuole il paese distrutto da quei predoni intorno al 935. E’ noto che i saraceni distrussero l’abbazia di Gesù Salvatore in Giusvalla e poi saccheggiarono Acqui Terme, ma nulla conferma la loro presenza nel sassellese.
Proprio in segno di riconoscenza per l’aiuto prestato alla cacciata dei Saraceni, l’imperatore Ottone I di Sassonia dona nel 967 al feudatario Aleramo quindici "corti" (centri abitati raggruppati intorno ad una chiesa e cinti di mura), tra le quali "Salsole" che valenti storici hanno riconosciuto in Sassello.
Il primo documento che indica "Saxellum" risale al 1186, con il quale i marchesi di Ponzone fanno giurare fedeltà al comune di Savona dagli uomini di Ponzone, Spigno, Sassello, Varazze, Celle ed Albisola.
Il dantesco Branca Doria, autoproclamatosi signore di Sassello, provvede alla ristrutturazione del castello nei primi anni del trecento - lo scavo ha evidenziato un pavimento in mattoni disposti a lisca di pesce, così come dello stesso periodo è da notare la comparsa di manufatti in pietra ollare, del tutto assenti nei livelli più antichi, un grosso recipiente a parete sottile è visibile nella vetrina.
Questo secolo rappresenta una pagina molto travagliata della storia sassellese, tra lotte e congiure che imperversano nel genovesato, fin quando nel 1403 la Repubblica di Genova costringe gli eredi del Branca alla resa e alla demolizione del castello - prova di ciò le vetrine espongono una notevole raccolta di punte di freccia per balestra e varie palle in pietra per bombarda (il Garino cita dai registri della massaria comunis di una bombarda "che pesava 16 cantari, ossia 760 kg. che era la più grossa trovata sul mercato).
Il boccale in maiolica arcaica contenente lo stemma mediceo, esposto al centro del mobile della sezione, rappresenta uno dei "misteri" di questo castello: dopo la sua distruzione, Filippo Doria costruisce nel 1450 il castello della Bastia Sottana - i suoi ruderi svettano dal colle che domina l’attuale centro del paese - e l’abitato del paese si sposta di conseguenza dalla sede primitiva all’interno della cinta muraria del nuovo castello. Il boccale, raccolto in superficie con altri frammenti in ceramica, databile agli inizi del XVI secolo, attesterebbe una frequentazione umana in questo enigmatico insediamento ben oltre la data di distruzione, così come a questo contesto apparterebbero le attuali strutture murarie.
L’ubicazione della Bastia Soprana, posta su uno sperone scosceso alla confluenza dei torrenti Sasselletto e Sbruggia e sopra la vecchia mulattiera che portava al mare, ha molte caratteristiche dei cosiddetti "castellari" liguri.
Estendendo lo scavo archeologico all’intera sommità della rocca, forse si potrà mettere in luce parte di quella storia sassellese che i saccheggi del 1625 e del 1672, ad opera delle truppe savoiarde, ne hanno distrutto e incendiato la documentazione conservata negli archivi pubblici e privati.
La sezione conserva inoltre alcune riproduzioni di piantine del comprensorio del 1700, una "fedele" veduta del castello della Bastia Sottana, l’ormai famosa piantina di Sassello del Matteo Vinzoni, databile alla metà del settecento, e un'armeria di spade del 1800 facenti parte della collezione Perrando.
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