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Parkinson: Giornata Nazionale e nuove terapie
Data di pubblicazione: 29/11/2014
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Oggi, 29 novembre, si tiene in tutta Italia la Giornata nazionale della Malattia Parkinson. L’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr di Catanzaro, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma, ha svelato nuovi scenari neurobiologici, dimostrando l’efficacia della neurostimolazione
Presso l’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure (Savona) stamani si è svolto un convegno sulla "Giornata Nazionale Parkinson 2014", e patrocinato dalle associazioni Limpe (Lega Italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson, le sindromi extrapiramidali e le demenze) e Dismov-Sin (Associazione Italiana Disordini del Movimento e Malattia di Parkinson - Società Italiana di Neurologia).
Obiettivo dell’iniziativa è stato aumentare la consapevolezza sul morbo di Parkinson e sugli effetti che la malattia ha sugli individui, sulle famiglie e sulla comunità. Una maggiore consapevolezza aiuterà a ridurre lo stigma associato con questa patologia e porterà ad una migliore qualità della vita per coloro che soffrono di questa condizione.
Il Morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa causata dalla progressiva morte di alcuni neuroni deputati alla produzione di un neurotrasmettitore, la dopamina, che controlla i movimenti di tutto il corpo. E’ stato dimostrato che i sintomi iniziano a manifestarsi quando sono andati perduti circa il 50-60% dei neuroni dopaminergici.
In Italia la malattia di Parkinson tocca 300.000 persone sopra i 65 anni, cambiando la loro vita e quella delle loro famiglie. La cifra purtroppo è destinata a raddoppiare entro il 2030 a causa dell'invecchiamento della popolazione; una vera e propria sfida sociale che non tocca solo il nostro Paese ma Europa dove si sta sviluppando un protocollo per la complessa questione dell’Healthy Ageing. Secondo la comunità scientifica “Sebbene si stimi che il 70% dei soggetti parkinsoniani abbia più di 65 anni, vi è un dato ormai assodato che mostra come oggi l’età di insorgenza della malattia si stia abbassando: 1 paziente su 4 ha meno di 50 anni e il 10% ne ha meno di 40”.
Il Parkinson coincide, nell’immaginario collettivo, con il tremore. Il tremore non è invece più il sintomo più significativo per la diagnosi, anche se rimane fra i più appariscenti: il 30% dei pazienti, infatti, non ha questo problema. Più importante è quello che si esprime nella lentezza dei movimenti (bradicinesia), nella rigidità muscolare ed instabilità posturale. Le cure si basano su farmaci in grado di bloccare i sintomi, ma che perdono di efficacia man mano che la malattia si aggrava. Per questo le cure andrebbero iniziate nelle fasi iniziali della malattia.
E ci sono anche novità dalla ricerca. La molecola più efficace per trattare la malattia è ancora la levodopa, che induce però effetti collaterali disturbanti come le discinesie, per motivi ancora oscuri. L’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr di Catanzaro, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma, ha svelato nuovi scenari neurobiologici, dimostrando l’efficacia della neurostimolazione. La ricerca è pubblicata su Brain
Lo scopo della terapia farmacologica della malattia di Parkinson è compensare il deficit di dopamina, il trattamento principale consiste nella somministrazione di levodopa, molecola che ha la funzione di aumentare la concentrazione di tale sostanza nel cervello, riducendone la tipica sintomatologia. Il primo periodo di trattamento viene definito honey-moon, perché la maggior parte dei pazienti vive la malattia senza particolari problemi, ma dopo circa 5-10 anni, nell’80% di questi pazienti, insorgono complicazioni motorie chiamate discinesie, caratterizzate da movimenti involontari che possono portare a gravi complicazioni, estremamente invalidanti, le cui cause sono ancora ampiamente oscure e la pratica clinica può intervenire solo modificando il dosaggio di levodopa.
I ricercatori dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, in collaborazione con l’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma, hanno realizzato una ricerca per scoprire cosa accade nel cervello dei pazienti, prima e dopo l’assunzione di levodopa. Lo studio è pubblicato sulla rivista Brain.
“L’obiettivo del lavoro era scoprire quale alterazione funzionale si registra nel cervello dei parkinsoniani che soffrono di forti discinesie”, afferma Antonio Cerasa, ricercatore dell’Ibfm-Cnr. “Abbiamo compreso che la terapia con levodopa produce una disfunzione di uno specifico network cerebrale nella corteccia frontale inferiore, dove è localizzata una stazione criticamente patologica”. “A seguito di questa scoperta, si è provato a modulare l’attività disfunzionale di quest’area utilizzando la stimolazione magnetica transcranica”, prosegue Giacomo Koch del Santa Lucia. “Abbiamo così verificato che, inibendo l’attività di questa regione della corteccia prefrontale, è possibile ridurre sensibilmente la gravità delle discinesie”.
“Se saranno confermati i risultati di questo studio sperimentale, condotto utilizzando le più avanzate metodiche di neuroimaging e di neurofisiologia, potremo realizzare nuovi protocolli terapeutici in cui al trattamento farmacologico verrà abbinato un protocollo di neuro-stimolazione utile per ristabilire la funzionalità motoria dei pazienti, migliorando conseguentemente la loro qualità di vita”, conclude il responsabile dell’Ibfm-Cnr di Catanzaro Aldo Quattrone.
Fonte Asl2 Savonese e Cnr
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