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E come Fabio Volo “voglio buttarmi per cadere verso l’alto”
Data di pubblicazione: 06/04/2007
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Oggi vorrei parlare dell’impegno che i registi italiani hanno assunto: quello di parlare del senso della vita E’ un argomento che non va di moda, eppure le pagine dei giornali sono pieni di storie incredibili in cui c’è gente che muore d’anoressia oppure dopo un intervento chirurgico per rifarsi il naso, e questa gente non riesce a dare un senso alla propria vita.
Nel mio precedente pezzo ho parlato di film che parlano d’amore e di un’attrice che ha rifiutato la chirurgia plastica. Oggi invece rivolgerò la mia attenzione all’ultimo film di Fabio Volo “Uno su due” diretto da Eugenio Cappucci.
E’ uscito a marzo, è ancora nei cinema italiani e continua a far parlare, il film in cui Fabio Volo è protagonista di una realtà nuova e difficile da comprendere. In “Uno su due” Fabio veste i panni di Lorenzo Maggi, non è come negli altri film il ragazzo ribelle e in cerca di un posto nel mondo ma è un avvocato ambizioso e sta per fare un salto di qualità. Ha una ragazza, Silvia (Anita Caprioli), di cui non ha mai capito quanto ne sia innamorato, ha un appartamento in centro, una carriera da costruire e - finalmente - un grosso affare con la Russia, che permetterà, a lui e al suo socio e amico Paolo (Giuseppe Battiston), di dare una svolta alla loro professione che fino ad ora procedeva a rilento.
Sta passeggiando con il collega, quando all'improvviso la vista si appanna, i sensi vengono meno e sviene. Quando riapre gli occhi è in ospedale. Si ritrova a dover condividere la sua stanza con Giovanni (Giovanni Davoli detto Ninetto), un sanguigno ex camionista romano. Invece i giorni passano, e Lorenzo è ancora in balìa di medici ed esami clinici. E di Giovanni. Ad un certo punto i dottori gli dicono che può andare a casa in attesa dell'esito della biopsia. L'importante è che segua la terapia e che si riposi. Ma il filtro della malattia gli fa apparire ciò che lo circonda come insipido, sbagliato e falso. Il rapporto con Silvia precipita, anche se la ragazza fa di tutto per stargli accanto e trovare il modo di comunicare con un uomo che non riconosce più. Anche il rapporto con Paolo si chiarisce, fino ad una resa dei conti in cui l'amico lo mette di fronte ai suoi limiti. E il riscoprire di avere una sorella, un affetto famigliare ancora vivo, non serve a molto. Alla fine, l'unica persona che lo può capire è proprio Giovanni.
Questo film mi ha sconvolto perché parla alla gente, invita a riflettere sul senso della vita, proprio come il film La Febbre di D'Alatri trasmesso in seconda serata l’altra sera su raidue. Il film diretto da Alessandro D’Alatri, è uscito in Italia nel 2005 ed è la prima volta che lo fanno vedere in tv. Sono passati ben due anni ed in Italia non è cambiato proprio nulla; Ci sono ancora quelli come Mario Bettini (Fabio Volo), lui è geometra di provincia, è un giovane ricco di idee, entusiasta della vita e pieno di voglia di viverla.
E’ entrato a lavorare in comune grazie alla raccomandazione del padre (Cochi Ponzoni) che ormai non c’è più. Lui ci prova a lavorare con passione, ci prova ad essere utile agli altri. Però ha in cuore, un sogno: aprire un locale con i propri amici. Dopotutto chi non ha mai sognato di aprirne uno? Per quel locale sarà disposto anche a vivere una porzione di vita provvisoria, accettando d'indossare panni diversi dai suoi.
Tutto il suo entusiasmo, le sue idee, i suoi progetti saranno vissuti di colpo dal mondo che lo circonda come una malattia contagiosa da curare con urgenza. Mario vuole essere solo Mario senza etichette da mostrare al prossimo, un prossimo che altrimenti stenta a riconoscerlo. Persino sua madre, rifiuta le sue idee di libertà ma Mario se ne infischia lui sceglie di vivere, la sua vita e il suo amore difficile per Linda, la bellissima Valeria Solarino, studentessa universitaria che lavora in una discoteca per mantenersi e che deve partire per l’America.
Però agli amici, alla madre e persino al suo capo, sale la febbre, l’invidia nei confronti del povero Mario che ha finalmente un lavoro onesto una ragazza bellissima che tutti vorrebbero avere e la serenità. Mario continua da solo il suo viaggio iniziato al fianco di quelli che credeva gli amici fidati e attende con pazienza il ritorno del suo grande unico amore.
Sono convinta che vedendo il film poche persone ammetteranno le verità che ha avuto il coraggio di dire il regista attraverso il grande Fabio Volo, e solo con la sua ironia Fabio le ha sapute dire certe cose così alla luce del sole, cose che tutti sanno, ma che raramente si confessano o meglio si ammettono.
"Diciamo diciamo un sacco di cazzate" canta Caparezza in una sua canzone ed è troppo vero. Ed è troppo vero che questa società fatta di uomini, ha perso il cuore. Dov'è finito il cuore?
Solo numeri, calcoli, regole su regole, orari, criteri di scelta incomprensibili regolano questa assurda società bastarda. Potrebbe essere bellissima se si usasse il cuore... però l'uomo 'evoluto' è incapace di ascoltare il battito celestiale di quella cosa meravigliosa chiamata cuore.
Di D’Alatri ho visto un altro film molto bello “Casomai” interpretato da Fabio Volo e Stefania Rocca e quest’estate ho letto i tre libri di Fabio Volo: “Esco a fare due passi” (2001) “E’ una vita che ti aspetto” (2003) e “Un posto nel mondo” (2006) e devo dire che questi tre libri mi hanno cambiato la vita.
A volte mi capita di dire una frase che ho sentito o letto da qualche parte e cioè che solo quando si inizia ad osare, si comincia a vivere; Fabio Volo nel suo ultimo libro, ha espresso il concetto con queste parole: “Voglio lasciarmi andare, voglio di più per me, voglio buttarmi per cadere verso l’alto”.
Forse Fabio Volo ha trovato il senso della vita che i registi italiano stanno cercando nei loro film.
Tania Croce
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