La pietra ollare è una roccia metamorfica di varia composizione costituita da cloritoscisti, talcoscisti o ultrabasiti, i cui centri di estrazione e di lavorazione sono stati finora individuati nell’arco alpino nordoccidentale e centrale. Il suo utilizzo è attestato nella zona alpina fin dalla protostoria (lucerne, forme per fusione), ma solo in epoca romana venne utilizzata per quello che è il suo principale pregio ossia l’uso in campo culinario quale recipiente da fuoco. La produzione tradizionale dei manufatti in pietra ollare deve essere riconosciuta in due fasi operative: estrazione e foggiatura. L’estrazione avveniva solitamente nella buona stagione, considerando l’alta quota cui generalmente sono situati i giacimenti - localizzati finora in più di 400 - e sfruttava unicamente l’energia muscolare umana senza l’ausilio di macchine. I pani già predisposti alla successiva lavorazione venivano trasportati in luoghi più agevoli che ne permettessero la lavorazione durante l’intero anno. Per la lavorazione si faceva anche uso di forza motrice idraulica necessaria ad azionare un pesante tornio orizzontale. Analisi approfondite dei reperti provenienti da scavi archeologici o da raccolte di superficie nelle aree alpine, dove la presenza è ovviamente maggiore, hanno permesso di distinguere almeno quattro tecniche produttive: foggiatura a mano identificabile da tracce di punte e scalpelli diffuse su tutta la superficie, cronologicamente non anteriore al I sec. d.C. si protrae a tutto il II sec., riscontrata anche in manufatti cinerari rinvenuti in tombe del IV sec. finitura con tornio tecnica probabilmente ottenuta con il tornio da vasaio o con un tornio a mano, è attribuita allo stesso periodo della precedente foggiatura di singoli vasi al tornio orizzontale la forma foggiata al tornio - più diffusa dal III sec. d.C. al VI sec. - (subcilindrica e troncoconica), la frequente presenza di fasce o listelli a volte molto sporgenti la cui esecuzione comporta un notevole aumento dello spessore del materiale interessato alla lavorazione, l’addentramento della tornitura del fondo interno per circa due terzi del diametro necessario al distacco del nucleo residuo, la presenza dell’incavo di alloggio della contropunta del tornio in numerosi nuclei residui, sono fra le principali caratteristiche di questa tecnica foggiatura di più vasi al tornio orizzontale (metodo a cipolla) tecnica ben documentata da fonti scritte e iconografiche a partire dal XVII sec. che consiste nel riutilizzo del nucleo residuo, debitamente staccato, al fine di ottenerne un secondo e a volte un terzo recipiente. In Liguria la testimonianza di ritrovamenti dei manufatti in pietra ollare è attestata già a partire dalla fine del IV sec. d.C., mentre il periodo di maggior diffusione è il VI sec. La prosecuzione delle ricerche e l’ulteriore studio delle forme e delle tecniche porteranno a una migliore conoscenza di questi manufatti che da due millenni sono apprezzati per la loro particolare funzionalità.
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